TECNICA LIBERTARIA: INTEGRAZIONI AL PUNTO 2


Non poche volte abbiamo letto e sentito sulla gratuità di taluni beni e servizi come molto poco si sono sviluppati dei ragionamenti seri intorno al possesso diretto sulle attività comuni da parte dei diretti interessati e della cittadinanza in generale. Invocando la gratuità e il possesso diretto, sebbene trovano ragioni filosofiche forti, non è affatto scontata la loro tecnica d'implementazione: se taluni usufruiscono gli altri pagano e se certi posseggono i restanti stanno a guardare; se gli attuali posseggono non ci sarà mai un ricambio generazionale e se la nuova generazione usufruisce quella vecchia paga, ma pagano tutto gli attuali occupati e non proprio in proporzioni giuste, come anche non detengono il giusto dovuto.

Le domande, dunque, sorgono spontanee: quant'è il giusto da pagare e quant'è la giusta quota da detenere nel tempo? Restando con le buone intenzioni e non rispondendo tecnicamente a tali quesiti si rischia di pasticciare come in passato, lasciando a preferire l'ideologia borghese piuttosto che concentrarsi sull'etica. Sviluppando le domande ulteriormente si arriva ancor più a monte del problema scontrandosi con quanto segue.

La libertà degli insider tende a rafforzarsi nel tempo per ovvie ragioni che concernono l'arrivo della nuova generazione e ci si pone il problema del loro potere contrattuale; in diretta connessione con tale potere vi è proprio l'esborso al welfare che, essendo a loro relativamente meno necessario tendono minimizzarlo, mentre gli outsider ne chiedono sempre più. Così, a qualsiasi sistema noi facessimo riferimento il problema non può essere snobbato: il tempo rafforza gli insider che fa aumentare la loro forza contrattuale, che fa aumentare la loro libertà, che fa aumentare le loro disponibilità e il controllo sul resto della popolazione. Che gli insider siano borghesi, burocrati di partito (incluso quello comunista), aristocratici o preti, poco importa! E avrei potuto includere anche i vecchi lavoratori di una qualsiasi azienda, piccola o grande che sia.

Il tempo, anche soltanto in quanto tale, dunque, gioca a nostro sfavore: fa aumentare la “domanda di welfare” mentre protegge i vecchi che tale domanda creano e dovrebbero anche pagarla. Come ho già detto, vi è di più, non solo si crea un bisogno altrimenti non necessario, ma si rifiuta sempre più di concederlo! Un paradosso, certo, anche stupido, ma si spiega molto banalmente con il concetto di libertà.

Entrando in un impresa o solamente fondandone una che funzioni, mentre si affacciano gli outsider cercando di inserirsi vengono rifiutati, semplicemente perché si è liberi di farlo. A loro non resterà che chiedere sussidi, ancora una volta rifiutati dagli attuali insider che hanno il potere contrattuale e la libertà per negarli. Poi ci si stupisce della criminalità, a mio avviso, ovvia e naturale in un sistema esclusivo e conservatore. In seguito la domanda di sicurezza aumenta, pagata sempre dagli attuali insider, anch'essa sempre più onerosa e scadente. Alla fine, il sistema non può che crollare con tutte le sue contraddizioni, come sta crollando e come è crollato in passato, incluso quello sovietico. 

Poco importerebbe se le imprese o la società nel suo insieme fosse fondata sulla proprietà privata o collettiva perché ciò che conta davvero è che gli insider di qualsiasi ordine e grado facciano spazio agli outsider. 

Gli outsider entrano a pieno titolo inserendosi nella società, chiedono meno welfare, la sicurezza aumenta e lo Stato si minimizza, oserei, potrebbe anche estinguersi, diventando ad un certo punto superfluo. Tale principio della porta aperta implica necessariamente la possibilità di scelta, la quale livella le libertà esistenti tra tutti i partecipanti, ivi inclusi quelli futuri. In tal caso non si può prescindere dal concetto di concorrenza e di mercato: se un azienda virtuosa funziona meglio, nel senso che lavora di meno e produce di più, attira sempre più persone, le quali, ovviamente possono parteciparvi liberamente fino al punto in cui il maggior guadagno non si estingue dal “sovraffollamento” quando non si affacceranno più ulteriori partecipanti alla stessa.

Si evince che la società inclusiva è anche concorrenziale e risponderebbe bene alle leggi del mercato, ma non alle leggi sulla proprietà privata o del possesso esclusivo. Se la società comunista risponderebbe bene al modello concorrenziale ci si chiede se l'attuale modello sia proprio questo? Ebbene, non lo è! Perché se fossimo soggetti alla concorrenza perfetta non avremmo disoccupati né debito pubblico, come neanche dei profitti positivi e sfruttamento del lavoro.

A tal punto si veda almeno quanto scritto su Wikipedia:


Tecnicamente il modello si realizza nel modo seguente:
-il disoccupato (spesso giovane) chiede di essere assunto in una qualsiasi impresa
-l'impresa deve assumerlo
-calano le ore di lavoro per lavoratore
-si spartisce il reddito d'impresa secondo il nuovo numero di occupati
-la domanda di welfare resta minima, non si aggravano i contributi e la spesa pubblica scende
-i vecchi vanno in pensione facendo aumentare le ore di lavoro per lavoratore e la spesa pubblica sale 

La spesa pubblica può e deve anch'essa essere gestita dagli stessi lavoratori, in quanto diretti interessati. Così la confindustria e il sindacato dei lavoratori diventano un tutt'uno che gestisce l'intera società su basi etiche. E' questo il punto sul quale mi concentrerò in seguito: dare una risposta etica alle implicazioni del modello comunista (e non sono poche: si pensi al finanziamento delle imprese o neoimprese), dove dimostrerò che privarsi “oggi” di un po' di libertà a favore dei “nuovi arrivati” conviene anche agli stessi insider, nel senso che -detto in soldoni- gli conviene parecchio.

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